Ambiente: un’istituzione sovranazionale per esplorazioni a basso impatto nel mare profondo?

21/09/2017

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PHOTO: MAGE COURTESY OF CHUCK FISHER, PENN. STATE UNIVERSITY, AND TIM SHANK, WHOI. DEEP-SEA TIME-LAPSE CAMERA SYSTEM BY WHOI-MISO
Una strategia internazionale che non perda di vista la protezione dell’ambiente nello sfruttamento delle risorse del mare profondo, anche con la creazione di un’istituzione mondiale unitaria che stabilisca normative comuni per il monitoraggio di questi ecosistemi in larga parte ancora sconosciuti. È quanto suggerisce lo studio “An ecosystem-based deep ocean strategy”, pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Science e realizzato da un team internazionale di scienziati, tra cui la ricercatrice ENEA Emanuela Fanelli.

“L’oceano profondo, vale a dire al di sotto dei 200 metri di profondità, include il 95% del volume degli oceani e rappresenta il più ampio e meno conosciuto bioma della biosfera”, sottolinea Emanuela Fanelli del Dipartimento Sostenibilità dei Sistemi Produttivi e Territoriali dell’ENEA. “Nuovi ecosistemi e nuove specie sono continuamente scoperti nelle profondità oceaniche  - aggiunge -  basti pensare che solo presso le sorgenti idrotermali profonde viene scoperta una nuova specie a settimana. In questi ambienti la maggior parte delle specie presentano lunghi tempi di turn-over, crescita molto lenta e tassi di recupero molto bassi, rendendo gli ecosistemi estremamente vulnerabili all’impatto antropico”.

Lo studio nasce dalla constatazione dell’esistenza di un vuoto legislativo sul mare profondo e della mancanza di una istituzione unitaria che stabilisca criteri, indicatori e metodologie per il monitoraggio, a livello ecosistemico, degli ambienti profondi. Attualmente, infatti, esistono solo istituzioni che si occupano di concessioni per l’estrazione di idrocarburi e minerali nelle aree fuori la giurisdizione nazionale (ISA -International Seabed Authority) e di pesca profonda a livello regionale (organismi FAO come la GFCM, General Fishery Commission for the Mediterranean).

“Il crescente interesse per le risorse che gli ambienti marini possono offrire in termini di presenza di depositi consistenti di idrocarburi e minerali, nonché di specie per la pesca o molecole per la nutraceutica e cosmetica, hanno creato allarme a livello globale, per la possibilità di impattare fortemente, quando non distruggere, ambienti non ancora conosciuti, come ad esempio i coralli profondi nei mari del Nord sui quali sta avendo effetti devastanti la pesca a strascico”, conclude la ricercatrice ENEA.

La ricerca si inquadra nel più ampio contesto delle attività e degli studi condotti dall’ENEA per la definizione di scenari di cambiamento globale, l’individuazione di criteri per una gestione sostenibile delle risorse e la salvaguardia degli ecosistemi marini.

Con le stesse finalità, ENEA partecipa al progetto IDEM (Implementation of the Marine Strategy Framework Directive to the deep Mediterranean Sea), coordinato dall’Università Politecnica delle Marche e finanziato dalla Direzione Ambiente della Commissione europea, che punta a definire nuovi indicatori e un sistema di valutazione del Mar Mediterraneo, in linea con la Direttiva Quadro Ue sulla Strategia marina degli ambienti profondi.

 

Per maggiori informazioni

Emanuela Fanelli – ENEA, Dipartimento Sostenibilità dei Sistemi Produttivi e Territoriali - emanuela.fanelli@enea.it

Per l’articolo completo pubblicato su Science: http://science.sciencemag.org/content/355/6324/452